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Qualche aspetto della Schiavitù

di Davide Pastore

(apparso su ICSM 07.06.01)


Nota. Questa non è una monografia molto lunga, ma solo un piccolo estemporaneo articolo che, forse, potrà far riflettere chi (tra cui, fino ad un certo punto, mi conto anch'io) prova simpatia per la causa sudista. La simpatia è un fenomeno spontaneo che rifugge dalla razionalità; ma non dimentichiamo per quale motivo principale, in fondo, la secessione è scattata.

Traduzione (mia) da G.C.Ward, The Civil War - an ilustrated history

La rivoluzione americana, che cominciò nel 1775, era animata dall'ideale che "tutti gli uomini sono creati uguali", eppure la schiavitù era legale in tutte le tredici colonie. All'epoca della Convenzione Costituzionale del 1787 la schiavitù era stata bandita in cinque stati nordisti, ma 15 dei 55 delegati erano proprietari di schiavi, ed altri 15 derivavano profitti dallo schiavismo. Nessun delegato pensò nemmeno di suggerire la fine della schiavitù; quando la Società Antischiavista della Pennsylvania presentò formalmente a B.Franklin una risoluzione che ne richiedeva l'appoggio pubblico, lui si guardò bene dal dire qualcosa ai suoi colleghi. Nessun delegato oppose la clausola che richiedeva ai cittadini di collaborare per restituire gli schiavi fuggiti ai loro padroni; era una legge altrettanto logica, disse il delegato C.Sherman (Connecticut) quanto quella che definiva un reato il furto di un cavallo. [...]

Nelle discussioni sulla rappresentanza, le necessità della politica portarono ad un rovesciamento delle posizioni: i delegati degli stati nordisti - senza schiavi - sostenevano che si trattava di semplice proprietà senza alcun diritto di rappresentanza, mentre i delegati sudisti insistevano - in quelle circostanze, almeno - che si trattava di esseri umani, e che avevano il diritto di essere rappresentati in Congresso. Il compromesso risultante (che ogni schiavo contasse come tre quinti di un bianco) fu il primo di una lunga serie, pensato per allontanare lo scontro diretto tra le parti. [...]

"Non sorge mai l'alba per lo schiavo" scriveva un negro libero, "nè lui se la aspetta. Per lo schiavo è sempre notte, per sempre." Uno schiavo giungeva al mondo in una baracca sporca con una stanza sola. Gelide in inverno, soffocanti d'estate, le capanne diffondevano polmonite, tifo, colera, tubercolosi. I bambini che sopravvivevano venivano mandati nei campi a dodici anni, età a cui avevavo in genere denti guasti, dissenteria e malaria. Meno del 4% degli schiavi superava i 60 anni.

"Si suppone" scriveva un proprietario, "che gli schiavi si alzino abbastanza presto da essere nei campi all'alba. Sul lavoro devono essere attivi. Non ho obiezioni se fischiano o cantano qualche motivo allegro, ma nessuna canzone lenta e triste; perchè di sicuro nei loro movimenti andranno a tempo con la musica." Gli schiavi lavoravano fino al tramonto, a meno che non ci fosse luna piena, il che permetteva di lavorare qualche ora in più. Nelle aste di vendita, i negri dovevano saltare e ballare per dimostrare la loro vitalità e buon umore, e venivano spogliati per mostrare quanto erano forti. "I compratori ci tastavano i muscoli e ci guardavano i denti, esattamente come avrebbero fatto con un cavallo." Poichè il matrimonio tra schiavi non aveva valore legale, i sacerdoti cambiavano la formula nuziale in "finchè morte o distanza non vi separi."

"Non eravamo che cani. Se ci prendevano con un pezzo di carta in tasca, ci frustavano. Avevano paura che imparassimo a leggere e scrivere, ma non ne ho mai avuto l'occasione."

[NdR. - In tutti gli stati a Sud della Mason-Dixon insegnare ad uno schiavo a leggere e scrivere era considerato reato penale]

Nel 1860, l'ultimo anno di pace, un americano su sette era di proprietà di un altro. Quattro milioni erano schiavi, e tre milioni lavoravano nei campi dove "il cotone era il re", diceva il senatore J.H.Hammond della South Carolina, "e l'africano deve essere schiavo, o finirà tutto, e presto."

In Washington, D.C., i lettori negri - liberi - avevano il divieto di ritirare all'ufficio postale le loro copie di "The Liberator" [un giornale abolizionista di Boston, NdR.]; la punizione includeva venticinque frustate. Il presidente Jackson propose al congresso che fosse vietato diffondere letteratura abolizionista negli stati del sud. [...]

Non che i negri liberi godessero di molte libertà a nord. Solo in quattro stati (Me., N.H., Vt., Mass.) avevano diritto di voto; in nessun stato potevano far parte di una giuria; dei 5,000 negri che avevano combattuto nella rivoluzione, a nessuno era stato concesso di entrare nella milizia. Le leggi di Ohio, Indiana, Oregon e Illinois scoraggiavano, o vietavano, l'insediamento dei negri nei propri confini. Ed i nordisti avevano poca simpatia per loro. "Se non fossero una tal razza di palloni gonfiati ruffiani, mi dispiacerebbe per i miei fratelli del sud" scriveva un ricco newyorchese, "schiacciati, soffocati e paralizzati da un incubo di quattro milioni di negri di cui nessuno sa come liberarsi."


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