(apparso su ICSM 07.06.01)
Nota. Questa non è una monografia molto lunga, ma solo un piccolo
estemporaneo articolo che, forse, potrà far riflettere chi (tra cui,
fino ad un certo punto, mi conto anch'io) prova simpatia per la causa
sudista. La simpatia è un fenomeno spontaneo che rifugge dalla
razionalità; ma non dimentichiamo per quale motivo principale, in
fondo, la secessione è scattata.
Traduzione (mia) da G.C.Ward, The Civil War - an ilustrated history
La rivoluzione americana, che cominciò nel 1775, era animata
dall'ideale che "tutti gli uomini sono creati uguali", eppure la
schiavitù era legale in tutte le tredici colonie. All'epoca della
Convenzione Costituzionale del 1787 la schiavitù era stata
bandita in cinque stati nordisti, ma 15 dei 55 delegati erano
proprietari di schiavi, ed altri 15 derivavano profitti dallo
schiavismo. Nessun delegato pensò nemmeno di suggerire la
fine della schiavitù; quando la Società Antischiavista della
Pennsylvania presentò formalmente a B.Franklin una risoluzione
che ne richiedeva l'appoggio pubblico, lui si guardò bene dal
dire qualcosa ai suoi colleghi. Nessun delegato oppose la
clausola che richiedeva ai cittadini di collaborare per restituire
gli schiavi fuggiti ai loro padroni; era una legge altrettanto logica,
disse il delegato C.Sherman (Connecticut) quanto quella che
definiva un reato il furto di un cavallo. [...]
Nelle discussioni sulla rappresentanza, le necessità della politica
portarono ad un rovesciamento delle posizioni: i delegati degli
stati nordisti - senza schiavi - sostenevano che si trattava di
semplice proprietà senza alcun diritto di rappresentanza, mentre
i delegati sudisti insistevano - in quelle circostanze, almeno - che
si trattava di esseri umani, e che avevano il diritto di essere
rappresentati in Congresso. Il compromesso risultante (che
ogni schiavo contasse come tre quinti di un bianco) fu il primo
di una lunga serie, pensato per allontanare lo scontro diretto
tra le parti. [...]
"Non sorge mai l'alba per lo schiavo" scriveva un negro libero,
"nè lui se la aspetta. Per lo schiavo è sempre notte, per sempre."
Uno schiavo giungeva al mondo in una baracca sporca con una
stanza sola. Gelide in inverno, soffocanti d'estate, le capanne
diffondevano polmonite, tifo, colera, tubercolosi. I bambini che
sopravvivevano venivano mandati nei campi a dodici anni, età
a cui avevavo in genere denti guasti, dissenteria e malaria. Meno
del 4% degli schiavi superava i 60 anni.
"Si suppone" scriveva un proprietario, "che gli schiavi si alzino
abbastanza presto da essere nei campi all'alba. Sul lavoro devono
essere attivi. Non ho obiezioni se fischiano o cantano qualche
motivo allegro, ma nessuna canzone lenta e triste; perchè di
sicuro nei loro movimenti andranno a tempo con la musica."
Gli schiavi lavoravano fino al tramonto, a meno che non ci fosse
luna piena, il che permetteva di lavorare qualche ora in più.
Nelle aste di vendita, i negri dovevano saltare e ballare per
dimostrare la loro vitalità e buon umore, e venivano spogliati per
mostrare quanto erano forti. "I compratori ci tastavano i muscoli
e ci guardavano i denti, esattamente come avrebbero fatto con
un cavallo." Poichè il matrimonio tra schiavi non aveva valore
legale, i sacerdoti cambiavano la formula nuziale in "finchè morte
o distanza non vi separi."
"Non eravamo che cani. Se ci prendevano con un pezzo di carta
in tasca, ci frustavano. Avevano paura che imparassimo a leggere
e scrivere, ma non ne ho mai avuto l'occasione."
[NdR. - In tutti gli stati a Sud della Mason-Dixon insegnare ad
uno schiavo a leggere e scrivere era considerato reato penale]
Nel 1860, l'ultimo anno di pace, un americano su sette era di
proprietà di un altro. Quattro milioni erano schiavi, e tre milioni
lavoravano nei campi dove "il cotone era il re", diceva il senatore
J.H.Hammond della South Carolina, "e l'africano deve essere
schiavo, o finirà tutto, e presto."
In Washington, D.C., i lettori negri - liberi - avevano il divieto di
ritirare all'ufficio postale le loro copie di "The Liberator" [un
giornale abolizionista di Boston, NdR.]; la punizione includeva
venticinque frustate. Il presidente Jackson propose al congresso
che fosse vietato diffondere letteratura abolizionista negli stati
del sud. [...]
Non che i negri liberi godessero di molte libertà a nord. Solo in
quattro stati (Me., N.H., Vt., Mass.) avevano diritto di voto; in
nessun stato potevano far parte di una giuria; dei 5,000 negri
che avevano combattuto nella rivoluzione, a nessuno era stato
concesso di entrare nella milizia. Le leggi di Ohio, Indiana,
Oregon e Illinois scoraggiavano, o vietavano, l'insediamento
dei negri nei propri confini. Ed i nordisti avevano poca simpatia
per loro. "Se non fossero una tal razza di palloni gonfiati ruffiani,
mi dispiacerebbe per i miei fratelli del sud" scriveva un ricco
newyorchese, "schiacciati, soffocati e paralizzati da un incubo
di quattro milioni di negri di cui nessuno sa come liberarsi."